Ov' è l'aratro che ferì il maggese,
il canto del villan che i buoi governa,
pensando ai frutti d'or di sue distese,
la luna chiara a fargli da lanterna?
E il pescator seren, in su la barca,
che a squarciagola le sue prede alletta,
e, allor ch' a la bisogna ha stiva carca,
al mare le ridà, com' amor detta?
Si canta ancor di bimbo il bel sorriso,
di prodi viri il gesto e la vertute,
d' amor stato beato o frenesia?
Scevri siam di donne di Paradiso;
le gesta degli eroi son solo astute:
ov'è ragion di vita, ov'è poesia?
Del dì s' appressa l'ora del riposo
e il cor senti gioir perdutamente;
ognun oblia ufficio suo lucroso,
a ristorar suo corpo e la sua mente.
Pingu' è il denar ch' ebbe a cavare Tizio
d'industria sua vile e assai stentata;
Caio, fattosi ricco aduso al vizio,
apprestasi a passar alta serata.
Ven poi la notte co' silenzi suoi,
ed il suo ner ori e miserie oscura,
al par d' aere buio e diluvioso.
Dorme sereno Tizio, uman virtuoso;
lungh'è la notte a Caio, tant'è paura
ch' altri di stalla faccia uscire i buoi.