LA GRANDE EMIGRAZIONE DEL 900

Mistero Celli

" Uno scheletro potrebbe risolvere il mistero Celli "
Così titolava questo giornale venerdì 6 maggio 1949.

Lola Celli

 

Il mistero della scarpa rossa




Di Ermanno Salvatore

Questa storia inizia nel 1930 Lola e fratello quando Michele Celli e sua moglie Ida Franceschetti decisero di emigrare in America insieme ai due figlioletti, Felice di sette anni e Lola di nove. La famiglia Celli era di origini molisane, erano tutti nati a Vastogirardi, un piccolo paese dell’Alto Molise situato tra Agnone e Capracotta. In quegli anni d’inizio secolo i paesi delle Regioni del sud Italia si erano svuotati, erano rimaste solo le donne con la loro missione: allevare figli ed animali. Gli uomini, quelli in grado di lavorare, erano tutti emigrati in America ed anche Vastogirardi aveva conosciuto il grande esodo verso il Nuovo Mondo. Erano partiti per raggiungere parenti ed amici che già da qualche anno avevano trovato una sistemazione nelle città e nelle campagne americane. Anche Ida Franceschetti aveva visto partire il padre Domenico, la sorella Gasperina ed il nipotino Antonio di cinque anni. Era il 1° febbraio del 1921 quando i tre emigranti partirono da Napoli con il bastimento “CANOPIC” alla volta di Boston. Si recavano da Domenico Spognardi, il marito di Gasperina che nel frattempo aveva trovato lavoro ad Akron in Ohio. Qualche mese dopo, il 10 maggio, era partito anche Romeo l’altro fratello di Ida, aveva 25 anni. Agli uffici dell’immigrazione di Ellis Island a New York, dove arrivò a bordo del piroscafo “PRESIDENT WILSON”, Romeo dichiarò di essere un dottore e di recarsi dal padre Domenico. Nel frattempo Ida era rimasta sola a Vastogirardi con la madre Adelina, la ragazza si era sposata molto giovane ed aspettava che i suoi fratelli la chiamassero dall’America. Gli anni passavano e Ida continuava a cucire qualche veste per le donne del paese. Suo marito Michele era già andato in America nel 1922 da un suo cugino, Floriano Amicone che viveva a Torrington nel Connecticut ma l’anno dopo decise di tornare a Vastogirardi. Passarono alcuni anni e finalmente nel 1930 arrivò la lettera dei fratelli di Ida. Le dicevano di partire e di raggiungerli a Philadelphia in Pennsylvania dove avevano messo su casa al n. 1842 di S. Broad Street. Si stava realizzando un sogno. Ida, Michele e i due bambini Felice e Lola partirono da Vastogirardi con i pochi bagagli che potevano portare. C’era la neve e faceva molto freddo su quelle montagne, dopo due giorni di viaggio riuscirono a raggiungere il porto di Napoli dove ad attenderli c’era il piroscafo “CONTE GRANDE”. Partirono di notte, l’11 dicembre del 1930. Quel giovedì sul ponte della nave, per i “south italians” di terza classe, faceva veramente freddo. Dopo nove giorni di navigazione arrivarono nel porto di New York. Sulla banchina di Ellis Island c’erano Romeo e Gasperina che sventolavano i loro fazzoletti bianchi per farsi riconoscere dalla sorella. Era il 20 dicembre e a New York cadeva la neve. Natale stava arrivando e finalmente dopo tanti anni la famiglia Celli, sebbene lontano da casa, era di nuovo unita. In quel mese di dicembre del 1930 fu pubblicato il censimento degli Stati Uniti. Gli americani erano 123 milioni. Lola Celli Rispetto a dieci anni prima c’era stato un aumento di 17 milioni. Molti di loro erano arrivati ad Ellis Island come “immigrated”. Poi nel corso di quel decennio erano diventati cittadini americani. Anche Ida e Michele presero la cittadinanza americana. Dopo qualche anno dal loro arrivo a New York avevano vissuto per un breve periodo a Philadelphia in Pennsylvania, poi si erano trasferiti a Grandview Heights a poche miglia da Columbus una bellissima cittadina nella contea di Franklin in Ohio. Ida continuava a cucire mentre Michele era apprezzato come un ottimo carpentiere. Scuola Grazie ai loro sacrifici i due figli avevano potuto frequentare le migliori scuole dello Stato. Felice si era laureato in chimica ed era diventato uno dei migliori ricercatori dell’Università dello Stato dell’Ohio. La sorella invece, a soli venticinque anni, insegnava economia domestica presso la “West Mansfield High Schools” nella Contea di Logan. Parlava ben cinque lingue, era alta 5 piedi e 4 pollici (1 metro e 65 cm), pesava 115 libbre (52 kg) e si diceva di lei che fosse una bellissima ragazza. E qui inizia “il mistero della scarpa rossa”. Era il 23 febbraio del 1946. Un anno prima Lola si era trasferita a West Mansfield ad una cinquantina di miglia da Columbus. Questo trasferimento le consentiva di stare più vicino alla sua scuola, ma Lola tornava sempre con piacere nella sua vecchia casa di Grandview Heights dov’era cresciuta insieme al fratello Felice. Così, in occasione del “Washington President Birtday”, la ragazza era andata a trascorrere il week-end dai genitori e quel sabato mattina aveva lasciato la loro abitazione nella West Third Avenue per andare a fare degli acquisti a Columbus; la madre aveva bisogno di qualche metro di stoffa per cucire delle tende e aveva chiesto alla figlia se poteva recarsi in città. Lola avrebbe dovuto percorrere un centinaio di metri a piedi per raggiungere la fermata dell’autobus. Un autobus che la ragazza non prese mai. In quei pochi metri si consumò un fatto che a tutt’oggi, a distanza di sessantatre anni, è ancora avvolto nel mistero. La giovane scomparve nel nulla senza lasciare traccia di se. “Una scomparsa non è mai un caso chiuso” dicono ancora oggi i detectives che si occuparono per molti anni del giallo: “Per noi sarà sempre un caso aperto finché non si troverà una qualche soluzione”. Scarpa rossa Alcuni ricordano questo caso come il “il mistero della scarpa rossa” perché un testimone, che percorreva la strada in sella ad una moto, dichiarò di aver visto la giovane insegnante discutere animatamente con un uomo in una macchina sulla Olentangy River Road, poco dopo essere scomparsa dalla fermata dell’autobus di Grandview Heights. “Durante il litigio ho visto una scarpa rossa volare dal finestrino dell’auto”, raccontò il motociclista agli inquirenti che stavano svolgendo le prime indagini. Effettivamente quel giorno Lola indossava una pelliccia grigia, un cappellino anch’esso di colore grigio, ed un paio di scarpe rosse scamosciate con i tacchi alla “cubana”. Questa testimonianza incuriosì la polizia; effettivamente Lola quel giorno portava un paio di scarpe rosse scamosciate, ma nessuna scarpa fu mai ritrovata in quel tratto di strada. Il 28 febbraio del 1946, cinque giorni dopo la scomparsa della ragazza, circa duecento studenti del liceo, in cui Lola insegnava, setacciarono le rive dello “Scioto River” insieme agli agenti del Dipartimento di Polizia di Columbus. Ma del corpo di Lola non fu mai trovata traccia. Nei mesi e negli anni successivi si accavallarono numerose notizie su questa misteriosa scomparsa, nella maggior parte dei casi si trattava di presunti avvistamenti e testimonianze che accendevano e poi vanificavano le speranze dei familiari e dei conoscenti. Un informatore riportò che Lola vendeva posate porta a porta. Un paio di testimoni di Ironton, una città distante più di centoventi miglia da Columbus, dissero di averla vista cenare in un ristorante del luogo. A confondere le indagini della Polizia si aggiunsero anche le lettere anonime di presunti serial killers che sostenevano di averla uccisa e fatta a pezzi. Diversi anni dopo, un giornale locale pubblicò alcune foto di un matrimonio che si era appena celebrato. In quella pagina dedicata ai giovani sposi e ai loro invitati, c’era anche l’immagine di Lola Celli ma sotto la sua foto era riportato il nome di Bernice Sherr. Un errore madornale o uno stupido scherzo? Il 5 Maggio del 1946, a tre anni dalla scomparsa della giovane insegnante, furono ritrovate delle ossa umane durante gli scavi ai lati del fiume Olentangy. Quel ritrovamento insospettì gli inquirenti perché avvenne a poche miglia dal luogo dove Lola era stata vista per l’ultima volta. Purtroppo le analisi effettuate presso “l’University Hospital of Columbus” stabilirono che si trattava di uno scheletro appartenente ad un uomo alto 6 piedi (circa 1 metro e 80 cm). Nel 1949, una donna californiana che era stata vicina di casa di Ida e Michele Celli dichiarò che suo marito e suo figlio di 4 anni erano scomparsi pochi giorni dopo l'ultimo avvistamento della Celli. Ma nessun indizio confermava l’ipotesi che il marito fuggitivo e la ragazza fossero amanti. Una decina d’anni dopo la scomparsa, un ufficiale giudiziario della Corte della Contea di Franklin ripropose la teoria della fuga per amore, affermando che la Celli era fuggita per scappare da una famiglia severa e opprimente e che viveva felicemente in un raggio di 300 miglia da Colombus, ma non potendolo provare ritrattò la sua dichiarazione. Sono passati più di sessanta anni da quel 23 febbraio del 1946. Oggi potrebbe essere facilmente definito un caso senza tracce o come si direbbe nella serie televisiva un “COLD CASE”. L’ispettore Harper, che per anni ha seguito il caso, dichiarò rassegnato che Lola Celli poteva essere da qualche parte o in nessun luogo, una vittima di un crimine o semplicemente una giovane donna afflitta da pene d'amore. Un caso denso di mistero, di fascino, di innocenza e di pericolo che ha tenuto col fiato sospeso alcune generazioni di italo-americani e generato una legione di investigatori fai-da-te. “There is not time limit to solving a mystery” (non ci sono limiti di tempo per risolvere un mistero) così hanno sempre sostenuto i detectives del luogo che si sono occupati del giallo. Ed infatti, ancora oggi, il “mistero della scarpa rossa “ è un caso aperto. Chissà se qualcuno dopo aver letto questa vecchia storia ci aiuterà a svelare il mistero? Michele Celli, il padre di Lola, morì il 15 gennaio del 1955 all’età di 58 anni. La madre, Ida Francescetti morì trent’anni dopo, il 21 ottobre del 1985. Partirono emigranti da Vastogirardi, un piccolo paese dell’Alto Molise e non tornarono più.